Uso questo blog per pensare. Lo uso per arrabbiarmi per le cose non giuste. Lo uso per condividere il mio pensiero con chi voglia farlo. Non ho altro che abbia senso mettere in comune. Gionata

domenica 26 settembre 2010

The Lega Nord party is a disease

The Lega Nord party is a senile disease. It has struck Italy because it is an ageing country.
It is nowadays a fearful country, which has lost hope in the future, but still have a lot of small savings and little privileges to protect; an elderly and angry country, which hates all things new and diverse. The Lega Nord party can be a deadly disease for a country in such conditions.

In the young and strong country which riconstructed itself in the 60ies and early 70ies, those who shouted abuse against the "terroni" (people from the south) and anyone "different" were the drunk losers sitting in lowly bars. The good people, in case any malicious thoughts reached their brains, suppressed it. Because of manners, or beacause mamma said so, or the priest did, or the party. Not now. Now everything is released. All instincts are loudly liberated, like farts.
Lega Nord is the representative of these farts. Of all things lowly and stinky that ooze out of citizens. It is the rotting of the flesh and spirit of the sad and disillusioned elderly. 

Some diseases, in a young body, are not even felt. But they can kill the old. That is how the Lega Nord infection works: think of some of their leading figures, always shouting against the weak and the last ones in the society: Borghezio, Castelli, Calderoli, with their red faces, swollen with hatred, the type that only the rich can afford: in the young Italy they would have been buried by laughter. Today they are voted by millions of old people of all ages.

lunedì 13 settembre 2010

La Lega Nord è una malattia.

La Lega Nord è una malattia senile. Ha colpito l'Italia perchè è un paese vecchio.

Un paese pieno di paura, che ha perso ogni speranza per il futuro, ma che ha ancora tanti risparmi, tante rendite di posizione da difendere, è un paese vecchio e astioso, che odia e teme il nuovo e il diverso. La Lega Nord può infettare mortalmente un paese così.

Nell'Italia giovane e forte che si ricostruiva negli anni sessanta e all'inizio dei settanta, chi urlava insulti contro i terroni e i diversi erano solo gli ubriachi nelle osterie. Le persone perbene, se ogni tanto avevano qualche pensiero cattivo nei confronti degli Altri, lo reprimevano: lo si faceva per pudore, per educazione, perchè lo diceva il prete, o il partito, o la mamma. Adesso no. Adesso si lascia andare tutto, non si trattengono le pulsioni, le si lasciano uscire, rumorosamente, come scorregge.
La Lega Nord si fa portavoce di queste scorregge. Di quanto di più basso e maleodorante esca dai cittadini. Il cedere della carne e dello spirito della vecchiaia cupa e delusa.

Certe infezioni prese da giovani non le si sente nemmeno. Da vecchi possono uccidere.  L'infezione della Lega è così: pensate a certe figure di quel partito che le sparano grosse prendendosela sempre con i deboli, con gli ultimi: Borghezio, Castelli, Calderoli, con quelle facce rosse gonfie di quell'odio che possono solo i ricchi: nella giovane Italia sarebbero stati seppelliti di risate di scherno. Oggi vengono votati da milioni di vecchi di tutte le età.

lunedì 9 agosto 2010

Prospettiva Americana sull'Italia

Quella che segue è la mia traduzione di un articolo apparso sul NY Times all'inizio di Agosto. 
L'articolo presenta l'Italia da un punto di vista di più ampio respiro rispetto alle nostre polemichette interessate di parte. E mostra un quadro complesso, da cui emergono però chiaramente due cose: il potenziale che ha questo paese per ripartire, e la scarsa volontà di cambiare da parte di chi potrebbe farlo.
Ho tradotto l'articolo perchè mi piaceva. Lo posto sul blog perchè potrebbe servire. Comunque, il fatto che molti di noi non sappiano l'inglese è una forma di analfabetismo che ci condanna a essere arretrati e provinciali. Vuol dire accontentarsi di Vespa e Santoro come massima espressione del giornalismo mondiale. Quando non li oscurano. Vuol dire diventare come uno di quei paesetti spersi nelle valli, chiuso al mondo esterno, che quando arriva un imbonitore con l'elisir d'amore che fa anche ricrescere i capelli e guarisce la gotta, la gente tira fuori i pochi risparmi, e si beve l'intruglio. Noi Italiani, tanto furbi, gli abbiamo comprato tutte le bottigliette che aveva, al nostro imbonitore.
Ma niente può oscurare il web, solo la nostra indifferenza e ignoranza. Buona lettura.
 
Betsy Vereckey/Associated Press
THE NEW YORK TIMES, Aug. 2, 2010
L'Italia in generale
L'enciclopedia britannica descrive l'Italia come "più che una singola nazione, una raccolta di luoghi culturalmente correlati, in un contesto dotato di inusuale bellezza".
Per quanto concisa, la descrizione dà un ottimo punto di partenza per il difficile lavoro di definire l'Italia, una nazione complessa, avvolta da una lunga e ben documentata storia, romanzesca e mitologica.
Lo scenario, di rara bellezza, è chiaro: il territorio a forma di stivale si protende nel Mediterraneo, con montagne e 4600 miglia di coste. I luoghi culturalmente correlati includono molte delle sorgenti della cultura occidentale, l'impero romano, la chiesa cattolica, il Rinascimento (per non parlare di pasta e pizza).
Ma l'Italia, una nazione unita solo dal 1870, ha da sempre faticato non tanto con la propria identità, ma con il concetto di essere una entità unita verso uno scopo comune.

mercoledì 12 maggio 2010

Come distruggere una piattaforma

Ho pensato di portare una spiegazione in termini semplici di come puó succedere che, nel tentativo di estrarre petrolio o gas dal sottosuolo, si finisca per distruggere un’intera piattaforma di trivellazione, uccidere 13 persone e causare un disastro ecologico senza precedenti.

Intanto dobbiamo capire che il Transocean Deepwater Horizon non é una piattaforma. E’ un cantiere di perforazione. Praticamente un grosso trapano, costruito dalla Hyundai, alto un centinaio di metri, grande come un campo da calcio e con posti letto per 130 persone. Non poggia sul fondo del mare, non potrebbe avere gambe lunghe un chilometro e mezzo: galleggia, ancorata al fondo, e tenuta in posizione da motori guidati dal GPS.

Perché spiego questo? Perché il lavoro del Deepwater Horizon non é quello di estrarre petrolio. E’ quello di fare un buco, farlo bene, seguendo esattamente la traiettoria programmata e raggiungendo la profonditá giusta.
Fatto questo, i geologi controllano che nella roccia intorno al fondo del pozzo ci sia effettivamente il petrolio. In questo caso c’é. La BP probabilmente é sul punto di annunciare la scoperta di un grosso giacimento. A questo punto peró il trapano deve essere rimosso, e sostituito con una infrastruttura che serve a estrarre il greggio e inviarlo a una raffineria. Questa infrastruttura di solito é una piattaforma, quei giganti di acciaio o di cemento che si vedono per lo piú nei documentari, immensamente piú grandi del Deepwater Horizon. Ma in acque cosí profonde avrebbero usato un altro sistema, che non descrivo per brevitá.

Il momento in cui il cantiere se ne va dal pozzo (plug & abandon), é delicato. Il pozzo deve essere messo in sicurezza.

Come si fa, a parole, é relativamente semplice. Bisogna pompare, a una certa profondita’ dentro al pozzo, del cemento che forma dei “tappi” che isolano quella parte della formazione che potrebbe eruttare petrolio o gas. Quando il cemento é solido, allora si puó recuperare il riser ovvero il lungo tubo di acciaio che collega la piattaforma alla valvola che si trova sul fondo del mare; rimuovere la valvola situata a fondo pozzo (il famoso BOP o Blow Out Preventer), sostituirla con una valvola piú semplice, staccare il rig e trainarlo a fare un altro buco da un’altra parte.

Cosa é andato storto in questo caso? Beh, esattamente non si sa, non lo dicono, ma sappiamo che il problema é collegato alla cementazione: supponiamo che la cementazione non sia stata fatta bene. Ovvero che abbiamo messo il tappo di cemento nel posto sbagliato. O che il cemento non si sia indurito come si deve. A questo punto, dalla roccia comincia a uscire il petrolio, e a risalire verso la superficie lungo il condotto del pozzo. Quando questo succede, in superficie ci sono una serie di sensori di volume, di flusso e di pressione che indicano con precisione cosa stia succedendo. Gli operatori ai monitor informano il capo della perforazione che ordina la chiusura della valvola di sicurezza, il BOP. L’eruzione del pozzo viene in questo modo prima arrestata, e poi controllata, pompando un fluido denso nel pozzo, che ricaccia giú il petrolio e/o il gas. Quindi, anche se sbagli la cementazione, la situazione resta sotto controllo.

In questo caso peró la valvola non ha funzionato. Non si é chiusa. E questa é la cosa incredibile.

Questa che chiamiamo valvola, é un marchingegno di acciaio, alto come una casa di due piani, che resiste alla pressione di 1000 atmosfere, e che ha tutta una serie di saracinesche che servono a chiudere il pozzo in tutti i modi possibili. Viene comandata con tubi idraulici dalla superficie. E se si inceppa o rompe il tubo idraulico? Ce ne sono due. Tutto il sistema é ridondante, per sicurezza. Il testing del funzionamento del BOP, viene fatto, di norma, ogni due settimane. Migliaia di cantieri in tutto il mondo, ogni giorno, continuano a funzionare e non vengono distrutti perché protetti dal BOP. Io ho lavorato tranquillamente per anni sui cantieri confidando ciecamente sul mio BOP. Abbiamo preso diversi “kicks” (ovvero le eruzioni dei pozzi) e li abbiamo controllati sempre. Anzi, una delle mie mansioni era quella di monitorare l'insorgenza di questi kicks. Quando capitava, li identificavo, e correvo a avvertire il perforatore di chiudere tutto. Insieme magari andavamo a verificare se il pozzo "buttava". E poi si chiudeva il BOP. Il tutto in pochi minuti. Se non avessimo avuto quella fiducia nel BOP, ci saremmo buttati tutti in mare, suppongo.

Tutto ció serve a spiegare che questo disastro non é stato causato da cowboys impazziti, ma ha coinvolto la punta di diamante dell’ingegneria petrolifera mondiale. BP e Transocean hanno perforato alcuni tra i pozzi piú difficili al mondo. E questo era uno di quelli tosti. Condizioni di alta pressione e alta temperatura. Trivellazione in 1500m di acqua (per fare un paragone, la stragrande maggioranza dei pozzi offshore viene fatta in 150-200 m d’acqua al massimo). Svariati chilometri di profonditá.

E’ in queste condizioni che oggi si cerca il petrolio. Il greggio facile, superficiale, abbondante, o in acque basse, lo abbiamo giá trovato tutto, restano piccole tasche qui e lá, ma la roba grossa, quella che serve a rimpolpare le riserve, si trova solo al largo, e in profonditá. Questa é la frontiera dell'esplorazione petrolifera, l’unico modo per allungare la durata degli idrocarburi e chiudere il gap che ci separa dal giorno, ancora lontano, in cui potremo farne a meno e utilizzare solo le energie rinnovabili.

Gionata

domenica 18 aprile 2010

Geologia - Ingegneria 3 a 0

Sono uno tra le centinaia di migliaia di persone bloccate in giro per l’Europa dalla nube di cenere vulcanica che ha spazzato gli aerei dal cielo. Invece delle mie solite 2 ore di volo, sto per imbarcarmi in un viaggio di due giorni in treno attraverso Romania, Ungheria, Austria, e poi si vedra’.
Bloccati in aeroporti, alberghi, stazioni, cogliamo l’estensione del mondo fisico intorno a noi, la superficie bidimensionale che chiamiamo geografia, che ci ricorda per un momento quanto siamo piccoli.
Ma la geografia è ancora poca cosa, e se aggiungiamo alle due dimensioni la profondità allora andiamo in 3D, che è la geologia. E qui la tecnica umana, non la scienza, si ferma. Alla geologia non possiamo fare niente. Possiamo modificare la storia e la geografia, ma la geologia è ineluttabile. Non potremo mai essere abbastanza potenti da fermare un vulcano, un terremoto, la deriva dei continenti. Al massimo potremo limitare i danni alle nostre povere cose, fino al giorno in cui la madre Terra non si incazzerà per davvero. E anche allora non sarà un dramma, non saremo certo la prima specie vivente a estinguersi su questo bellissimo sasso verde e azzurro.

Gionata

venerdì 2 aprile 2010

La Rabbia e l'Odio

La Rabbia e l’Odio.
Rabbia: “violenta irritazione, provocata da gravi contrarietá, e spesso esacerbata da un senso di impotenza”.
Odio: “sentimento di grande ostilitá per cui si desidera il male altrui”.
La Rabbia é un sentimento che si prova nei confronti dell’ingiustizia, del sopruso, di chi fa del male.
L’Odio é un veleno che istilla malvagitá e inimicizia nei confronti di chi é diverso da come vorremmo.
La Rabbia si placa quando l’ingiustizia viene corretta.
L’Odio non si placa, e cerca sempre nuovi oggetti da odiare, dopo che quello precedente é stato eliminato.
Esistono una Rabbia bestiale e una Rabbia dei giusti. Ma di Odio cen’é uno solo, e puzza di morte.
La Rabbia ha scardinato regimi, ha cacciato tiranni, ha conquistato diritti, ha raddrizzato torti.
L’Odio ammutolisce, esclude, ferisce chi non puó difendersi, e alla fine uccide. Chi lo prova perde la capacitá di ragionare e quella di sentire.
La Rabbia dà il coraggio di agire per cambiare le cose ingiuste. L’Odio è figlio della paura e della paura si nutre.
La Rabbia è sana, tiene svegli e fa tremare i polsi ai potenti. L’Odio è una malattia che i potenti usano per tenere sotto controllo i deboli.
La Rabbia va coltivata, e usata come una forza creatrice, non va sprecata per stupidaggini, ma rilasciata al momento giusto come un terremoto. La Rabbia permette di ricostruire.
L’Odio va soppresso e dimenticato, il tempo deve smussarne i margini aguzzi, accarezzandolo come l’acqua liscia i sassi. Le punte di lancia dell’Odio possono solo ferire la carne viva e infettarla.
Dov’è finita la Rabbia che ci trascinava nelle strade a chiedere il giusto e il diritto? Cos’è quest’Odio che fa sbarrare le porte da dentro, spaventati da ogni novità?
Io non lo so. Non lo so.

domenica 21 marzo 2010

Leaders

Io non capisco che bisogno ci sia di avere un leader.
I media, in particolare, sembrano ossessionati dalla figura del leader. Cercano leaders in ogni angolo. Se non li trovano, se li inventano loro. Poi li mettono sul piedistallo, dando alle cose che dicono e fanno un’importanza sproporzionata. Li criticano, certo, ma sul colore dei calzini, o al massimo, sulla capacitá di “essere leader”, di “bucare lo schermo”, stronzate di questo tipo.
Io temo che molti dei nostri giornalisti ormai si facciano della stessa droga che spacciano ai telespettatori, che incidentalmente sono anche votanti.
La mia idea di governante non é quella del leader, ma del rappresentante del popolo.

sabato 16 gennaio 2010

Eravamo proprio come loro

Veramente non avevo volontá di emigrare
avevo combattuto due guerre
e immaginavo i sacrifici
che avrei dovuto fare all’estero
La necessitá i bisogni della famiglia
mi spinsero in Germania
Alla mia etá era uno sforzo
prendere qualche parola tedesca
tutto mi era difficile
anche il lavoro
Dormivo in una baracca
priva di acqua di cesso
come disabitata